Patrizio Marozzi - Che stai a fa, pag. 9
Che sta a fa?
Che stai a fa, che non sia che di fatto sta a guardà così come viene, è quasi
proibito. Difatti ancora non riesco a capì dov’è che stavo pé vede sta foto
così come è. E che voi indagà sembra che il mondo se sia rigirato. Come fa a
sta la torre do sta se è stata sempre da questa altra parte, dall’altra parte
del primo monte – e el monte de mezzo che me pare n’alto piano n’era na collina
più altra dell’altra, sembra che gli ànno dato na spianata, chissà che
cevolevano da fa na areaporto. Be’ certo mo me vien pur da dire che er
fotografo stava a guardà tutto n’altro mondo, difatti che mondo è questo che
m’appare come se stesse qua senza che ce sia, sembra quasi na figura lontana,
una di quelle figure che tu ta ricordi ma non ta ricordi. Di fatto te vien da dì
ma che giorno era che tutto n’altro giorno me pare, quasi che il tempo se ne
vada per conto suo e ogni tanto me pare d’accorgerme che ce sto pure io. E tu
che je dici po’ da esse tutta da gran vallata che de qua de la foto non se vedé
e dietro gli alberi che te pare che te siano dinnanzi, non so pure alberi li
stessi che li stanno vicini, ma così lontani. E che d’è quel frabrichetto che
se vedé sopra al monte, che me pare quasi un capezzolino de tetta, de zinna
bella soda e che te sembra acerba. La torre che sta tra l’alberi nu se capisce
come po’ sta così vicina con quel sole o che te immagini na luna lontana.
Guarda che non se vede proprio tutto el giorno, ma allora che notte è, com’è
che pare giorno de là e notte de qua?. E, ma allora se prendo la foto e la giro
che succede che guardo er mondo dall’altra parte, non sarà che me tocca vede
solo el retro della fotografia, vojio proprio vede:
jenocceca e che da da esse questa na nuova
impressione e com’è che mo me pare tutto vero, pure se se sgrana l’immagine, ma
allora non è che stavo de là, ma stavo de qua pure prima, ma ancora mica ho
capito da dov’è che sto a guardà, nun sarà ch’è n’altra giornata che va a finì
che la tera gira e noi stiamo fermi, immobili come dei soprammobili più o meno
alto locati, nel senso che tutto sembra più alto o più basso dal punto da cui
osservo, non sarà che quella spianato de monte fa tutta na salita, ma le piante
allora che stanno a fa lì pé dritto – e se so io che so troppo alto, mo voi
vede che pure il sole me gira intorno, che tutto me gira intorno e io sto
fermo, voi vede che so vero ma so finto, o più finto che vero e che sto a
immaginà la realtà come la vedo o come non la vedo, ma se tutto se move e io
sto fermo che vedo tutto quello che se move, come na fotografia, voi da vede
che mo so io la fotografia, che magari sto a esiste come me vedono, e va a
vedere che tutti si girano intorno tanto da guardarsi ma senza vedesse, e non
sarà che manco parlano, o pensano e che sto a fa io natro giorno senza parla pe
vede quello che vedo e tutti pe vede dicono che stanno a parla, ma che vedono e
da dove, e che stai a fa? te pare tutto vero quello che dici come se tutti
guardassero la stessa fotografia, ma da do stanno a guardà ce vanno a parlà co
la fotografia?. Me pare che c’hanno tutti la stessa faccia e che stanno tutti
fermi su lo stesso sgabello, tanto da credese de capì tutti la stessa cosa, ma
dentro gli occhi je gira lo stesso na cosa ch’è diversa ma non capiscono, che
je pare de movese stanno fermi, che pare de dì e de fa, e come incoscienti non
sanno cosa. So arrivati prima o dopo è tutto un caos. È proprio da credece pure
se proprio pare finto, e non me succede mica che mo a guardà sta “strana”
fotografia me passa el tempo e me se fa più scura?
me sembra uguale e nun sarà che magari so passati
qualche milioni d’anni e nu me ne so accordo, tanto è che de fatto s’è appena
scurita e perché s’è scurita quella de qua e non quella de qua, che po’ esse là
come po’ esse qua. Non sarà ch’è cambiato lo sviluppo invece de na nuvola, che
tante so nel cielo quanti sono i momenti. Io ancora vorrei proprio sapere dov’è
che stava a fotografa il fotografo, pe sapé se sto giusto qui pe guardà.
dove sono i luoghi forse anche diversi, dove sono i luoghi.
Se per il resto quel che appare è il luogo stesso. Se per il resto. Il resto di
che cosa? E dove sono i luoghi non sò forse quelli che non stanno mai in
nessuna parte, come del resto chi se move prima quello che sta o appare al di
là della fotografia o il soggetto che sta in quel luogo. E chi è che dice che
invece in vero soggetto è il luogo o l’altro luogo dell’altri soggetti. Quale è
e chi la messa ‘sta convenzione che il primo piano è il luogo che si racconta.
Vojo da vede se dopo trenta o quarant’anni il soggetto è sempre lo stesso. E
allora quel cespuglietto la dietro che starà a fa adesso, e il Draghetto che se
vede che fine avrà fatto. E chi è quel tizio coj occhiali che guarda per tera e
me pare un critico. Che magari stava in un altro luogo e questo è solo uno che
ja assomiglia.
E
allora dove sono i luoghi. E chi è che da lì guarda come tanto tempo fa. E se
c’è un ricordo dov’è il luogo del ricordo, e con detto pensiero non c’è ora
forse un ‘atro che guarda? E che voi dì che c’è n’antra foto?ma allora stiamo a guardà n’antra fotografia? E me pare la
stessa! E no perché no antri non semo li stessi e neanche l’altri. E chi è che
guarda quel cappellone de la fotografia? E chi lo sa se guarda a noi senza che
manco ce conosce. Se “era” un ragazzino chi ce dice dov’è che sta ora, dove
sono i luoghi? Addove vuoi che stiano! Già, comunque, dove sono i luoghi.
cos’è una foto vera. E dimmi un po’ quando è poi vera la situazione? E cos’è più vero la situazione o la verità della persona? E dimmi un po’ è la persona che si mette a suo agio e la verità li va dietro o non è forse che la persona stessa che crea la situazione!? Io dico che se questa è una festa questa è una foto. E che dice questa foto, chi sono i partecipanti chi è che rappresenta o gli attori? Il teatro in una foto o il teatro dentro la foto? Di già questi non si può certo dire, che se poi è teatro, tanto so che si conoscono e sono in confidenza. E se non se conoscessero, perché stanno così? Se non se fossero mai visti prima e la situazione appare ma non appare. E può darsi che la situazione ha giocato una parte, ma la rappresentazione di chi è? Se la foto dice la verità quello che sta accadendo è avvenuto, ma perché e quando e come lo possiamo immaginare o non è soltanto un’ipotesi della rappresentazione, ma allora la verità non è che quello che vediamo nella fotografia: un istante.
Una
foto posata?:
O
questa:che significa posare per una foto? Che rappresenta una
sguardo o un atteggiamento. Basterebbe un po’ di silenzio ed osservare, senza
che i contrasti dell’immagine siano più di quel che sono.
l’impossibile
fotografico, ci sono due conseguenze di un’immagine che si rappresenta, una è
la sua visione, l’altra la prospettiva della visione. Se la virtualità di una
fotografia olografica, è la realtà dell’immagine senza la virtualità
dell’immagine - come percezione della terza dimensione ha il taglio della
percezione della prospettiva, ma c’è un’altra questione che subentra in ciò per
mezzo della fotografia bidimensionale ed è la profondità di campo della
rappresentazione. La profondità di campo è la visone oculare che si stabilizza
o si determina per mezzo dell’efficacia della proporzione dei colori in
riferimento alla percezione delle forme. Ora il sistema concettuale può
stabilire un evento in riferimento alla rappresentazione come spiegazione del termine
e l’immagine. Per esempio una parola scritta sopra ad una immagine fotografica
– il significato della parola e quello dell’immagine, stabiliscono un’analisi
prospettica nella rappresentazione dell’immagine, dei significati o del
significato in analisi della relazione intellettuale come qualità della
relazione della spiegazione del significato, al di là di una convenzionale
associazione delle rappresentazioni: il segno come significato prospettico
dell’analisi, l’immagine con percezione della propria dimensione riflessiva. La
parola scritta che sta insieme all’immagine o viceversa non sempre per fenomeno
intrinseco al messaggio, ha o rappresenta tale realtà, non sempre il suo
contenuto perde la qualità dell’ovvio non ponendo la riflessione sul fatto che
il concetto sono io che deduco, non l’oggetto che non dimentica quello che io
posso dimenticare, sia implicito alla coscienza e non conseguenza della
stimolazione da parte dell’oggetto per l’affermazione ripetuta di tale concetto
nel pensante, per di più per stimolazione subliminale per la propria percezione
della volontà, come rappresentazione esterna della propria intimità interiore.
Ed allora l’immagine che ora vedete:
è in effetti
un’immagine prospettiva che anticipa la virtualità per mezzo di una profondità
di campo che sta alla fotografia in quanto rappresentazione per mezzo di
stampa, a cui la profondità di campo fotografica ha cercato di restituire la
sua realtà virtuale al di là della prospettiva ottenuta per mezzo della stampa.
L’origine di tale anticipazione della percezione virtuale non è dato solo dal
fatto che degli ideogrammi siano impressi sopra un’altra immagine di altra
forma, ma dal fatto che alla dimensione originale il francobollo, osservato con
una lente d’ingrandimento mostra gli ideogrammi come sospesi al di sopra
dell’immagine sottostante, tale effetto virtuale per quanto ricercato è appena
percepibile nella fotografia ottenuta per mezzo di uno scanner nella ricerca di
una prospettiva fotografica o profondità di campo bidimensionale.